Fu “rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro […] e, per rendere sicura la tomba, sigillarono la pietra e vi lasciarono le guardie” (cfr. Mt 27,60.66). Sicuramente l’ espressione “metterci una pietra sopra” ha un significato analogo a ciò che accadde dopo la morte in croce di Gesù. Si corre ai ripari per difendersi da un evento traumatico e per relegarlo in un passato sul quale non si vuole più ritornare e che diventa così una sorta di tabù. “Metterci una pietra sopra” segna anche una resa non soltanto fisica ma pure mentale, psicologica; qualcosa che segnerà il futuro precludendo tutta una serie di soluzioni ed esiti; una sconfitta che lascia aperta soltanto una strada angusta, segnata da una riduzione di aspettative e desideri. In quasi tutti i racconti delle apparizioni di Gesù dopo la sua risurrezione rimane nei discepoli un velo di incredulità, quasi che quella pietra non fosse completamente rimossa.
Di fronte agli eventi degli ultimi anni, e in particolare di questo recente periodo, la tentazione di “mettere una pietra sopra” a tanti valori e ideali, si fa sentire con tutta la sua forza. E se non fossimo testimoni del sepolcro vuoto, dei teli lasciati sul pavimento e del sudario piegato in un luogo a parte potremmo imboccare la strada stretta di un calo di speranza. Invece manteniamo alta, assieme alla speranza, anche la nostra determinazione a costruire con il Risorto il Regno di Dio, un mondo più giusto.
Per la risurrezione di Cristo ha senso per noi credere che la lotta alla povertà passa per il protagonismo di coloro che vivono ai margini e per l’offerta da far loro di reali opportunità di crescita e di riscatto e non attraverso forme di assistenza deresponsabilizzanti e poco rispettose delle persone.
“Metterci una pietra sopra” e pensare che non ci sia più nulla da fare se non assicurare mere forme di assistenza sarebbe la tomba dell’agire della Caritas.
Per la risurrezione di Cristo ha senso per noi credere che la pace possa essere perseguita con l’obiettivo di favorire nuove relazioni tra gli stati.
Pensiamo che sia una sconfitta concepire la pace come armata, fondata sul sospetto reciproco e sulla difesa dei propri interessi senza prendere in considerazione quelli altrui. Per la risurrezione di Cristo crediamo che la pace debba essere perseguita a partire dal basso attraverso l’impegno di ognuno all’ascolto rispettoso dell’altro e al dialogo. La litigiosità e le forme di violenza verbale e fisica cui spesso assistiamo sono il segnale che la pace deve essere cercata a vari livelli, anche nel quotidiano.
“Metterci una pietra sopra” e arrendersi di fronte alla possibilità di perseguire la pace nel quotidiano ci toglierebbe ogni significatività in quanto seguaci di Gesù.
L’augurio di Pasqua che ci facciamo gli uni gli altri allora è quello di lasciarci accompagnare da Gesù nel rimuovere completamente la pietra dal sepolcro, di credere che ogni cosa è possibile in ordine alla costruzione del Regno di Dio e di non cadere nella tentazione di “mettere una pietra sopra” alla causa della pace e al diritto dei poveri di trovare vie possibili di emancipazione.
Lorenzo Rampon e la Caritas Diocesana di Padova