Sabato 15 dicembre 2018

II SABATO DI AVVENTO

Dal Vangelo secondo Matteo (17,12)

«Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro».

Riflessione

Non bisogna vincere l’avversario, ma convincerlo.

La tendenza a diminuire l’avversario è di per se stessa una testimonianza dell’inferiorità di chi ne è posseduto.

Ecco davanti a noi due voci che sostanzialmente s’intrecciano, pur nella diversità delle visioni ideologiche sottese. Certo, c’è anche un’esperienza biografica che accomuna i due personaggi così diversi tra loro: sia Gandhi che propone la prima frase, sia Antonio Gramsci, che ci offre la seconda, furono oggetto di persecuzione da parte del potere repressivo. Acquista, dunque, più valore la loro testimonianza contro il ricorso alle stesse armi che quel potere adottava nei loro confronti. La violenza, infatti, non è segno di dignità ma neppure di forza. Chi cerca di demolire l’avversario, ricorrendo all’attacco feroce, alla denigrazione, allo scontro fisico rivela un’inferiorità e debolezza morale che invano cerca di coprire con la prevaricazione. Convincere l’altro, dialogare con lui, argomentare sul merito è molto più impegnativo e difficile che non trascinare l’avversario in una zuffa ove è solo l’ira e la forza bruta a prevalere. Mai come in questo tempo la maleducazione, il conflitto, il contrasto sono il vessillo inalberato sulla debolezza della ragione e della dignità personale.

Tratto da: Gianfranco Ravasi, L’avversario. Mattutino.

Preghiera

Sorga in noi, Dio onnipotente,
lo splendore della tua gloria, Cristo tuo unico Figlio;
la sua venuta vinca le tenebre del male
e ci riveli al mondo come figli della luce.
Per il nostro Signore Gesù Cristo tuo figlio che è Dio,
e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo
per tutti i secoli dei secoli. Amen

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